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Gatti e gattare

23 marzo 2013
La gattara

Gatti e gattare

…meritano una piccola attenzione pure le gattare: ogni comune che si rispetti ne ha almeno una. È un po’ come per le signore che fanno la puntura a domicilio: in ogni comunità o condominio ce n’è una.
Anche Milano, ovviamente, non fa eccezione; ma in una realtà metropolitana, ai giorni d’oggi, le gattare si manifestano nell’ombra.
D’altro canto però, se Dio nella sua infinita saggezza ha creato le gattare, ossia queste donne inclini ad aiutare e sfamare i gatti randagi, avrà certamente fatto tutti i suoi conti.
Oggi i gatti randagi a Milano li puoi ancora vedere, ma devi spostarti nelle estreme periferie e le gattare non si perdono d’animo: sono disposte anche a prendere il taxi pur di raggiungerle.
Questo è perlomeno ciò che mi è capitato di osservare in ruolo di accompagnatore, durante il servizio: la signora un po’ anziana dall’aspetto trascurato, cappotto, abbigliamento e portamento grezzo, lasciava intuire una provenienza da ambienti popolari.
Questa è perlomeno l’apparenza che hanno in comune un po’ tutte le gattare.
Mi riempì il bagagliaio di tanti sacchetti e un mazzo di fiori non addobbato; destinazione: il periferico cimitero del Musocco, lì dovevo attendere un po’ per poi riaccompagnarla.
I fiori servivano per il cimitero e, dopo un rapido allestimento del vaso presso la lapide e una sintetica
preghiera, si diresse velocemente nei paraggi dell’uscita: in tutti quei sacchetti c’era il mangiare dei gatti.
Era evidente che era questo il vero motivo del viaggio e la questione del proprio caro che giaceva sotto la lapide era certamente secondaria; ma dal momento che già doveva recarsi fin lì per i gatti, perché non approfittarne portando un mazzo di fiori?
Ma questi gatti poi dov’erano? Diverse volte avevo stazionato col mio taxi proprio lì davanti, ma di gatti
mai, nemmeno l’ombra. Eppure al richiamo particolare della vecchia ne comparsero almeno una decina provenienti da tutte le direzioni, li vidi saltar giù perfino dall’alto senza che io facessi in tempo a capire esattamente da dove.
Tirò fuori dai sacchetti dei veri e propri pranzetti cucinati a regola d’arte per loro e diede inizio al banchetto. Pareva spaventoso il loro appetito, da come mangiavano.
Ogni creatura aveva naturalmente un nome: chissà se poi erano i veri nomi originali, magari qualcun’altra gli aveva già attribuito altri nomi precedenti.
Non mancò pure un cenno di gelosia nel gruppo dei gatti quando la vecchia, in via del tutto eccezionale, concesse una “cara” a uno dei gatti: eppure quei gatti erano proprio selvatici; probabilmente lei era l’unica persona al mondo che aveva da loro stessi il permesso di toccarli.
Ma un episodio ancora più spinto, riguarda una signora che praticamente tutti i giorni chiamava il taxi.
Abitava sulla cerchia dei Navigli, quindi alle porte del centro storico.
I suoi capelli erano grigi e trascurati, il corpo un poco grassottello e indossava sempre un indumento bianco che sembrava una camicia da notte. L’età era davvero difficile da definire, ricordava un po’ quelle vecchie molto semplici e misteriose disegnate nelle fiabe.
Sentivo per radio che chiamava sempre il taxi con uno o due gatti da trasportare; certe volte richiedeva un taxi station wagon perché aveva addirittura con sé quattro gabbie.
Qualche volta capitava anche a me di trasportarla: la portavo sempre alla clinica veterinaria, con sé aveva due gatti in gabbie rigorosamente separate e coperte da un panno, così non potevano guardare fuori altrimenti, secondo lei, avrebbero sofferto il viaggio.
Qualche volta eccezionalmente mi permetteva di dargli un’occhiata alzando leggermente e per un attimo il panno, consentendomi di intravedere solo un po’ il muso e gli occhioni.
La volta successiva, sempre in direzione della clinica, fece tappa in una farmacia per acquistare le medicine per gatti; in quel viaggio scoprii che non aveva due e nemmeno quattro, bensì dieci gatti in casa e quasi tutti i giorni, a rotazione, li portava a fare delle terapie in clinica.
Fu lì che compresi la verità. Il veterinario della clinica, intuendo il tipo, deve avergli detto pressappoco così: «Cara signora, i suoi gatti hanno bisogno di tante cure!».
E così l’hanno convinta a fare una specie di abbonamento fisso.
In pratica, ogni giorno a turno, i gatti venivano portati per le varie terapie: punture di calcio, flebo di vitamine, gocce per le orecchie, colliri, dialisi, clisteri ecc. In realtà quelle bestie erano sanissime, ma la signora voleva così.
Dopo tutto, se questo serviva a farla sentire più tranquilla, penso che tutti quei soldi erano anche ben spesi.
Chissà se anche i gatti si sentivano così tranquilli a stare con lei?…

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